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giovedì 23 dicembre 2010

Un simpatico burlone.


In questi giorni ho pubblicato sul blog un breve racconto. Senza pretese, era un esercizio di scrittura, come al solito. Ieri fra i commenti trovo alcuni messaggi che dicono che la storia fa schifo. Per prima cosa li ho censurati, la regola di questo blog è che i commenti negativi e gli insulti vengono tollerati solamente in un caso: se sono rivolti alla sorella di Pistu. Poi però ho pensato che, siccome in cinque o sei persone erano dello stesso parere, forse il racconto andava leggermente rivisto. Quindi l'ho cancellato.
Alla sera mi telefona qualcuno. Non ne farò il nome, per mantenerlo in anonimato. Lo indicherò semplicemente con un nome di fantasia, "il simpatico burlone", però voglio riportare per intero la conversazione che abbiamo avuto, senza tagli. Mi chiama e s'incazza perchè ho eliminato i suoi commenti. «Ah, quindi erano tutti tuoi?» «Sì.» «Tutti?» «Sì.» «Sei un cretino.» «Eh ma.... era da un po' che non scrivevo niente.» «Anche quello firmato Sara M.?» «Sì.» «Sei un coglione. Almeno non ti firmare coi nomi degli altri!» «E tu sei come Emilio Fede! Non puoi censurare i miei commenti!» «Sì che posso. Questo blog non contempla il concetto di democrazia. E comunque, se non ti piace quello che scrivo puoi tranquillamente non leggere.» «Infatti.» «Cioè, non l'hai letto?» «No, solo l'ultima parte» «Gianni, sei proprio un cazzone.» Fine della telefonata.

Perciò, siccome il racconto è già scritto, credo che gli darò una sistemata e poi lo pubblicherò riveduto e corretto, con gli altri due che fanno parte di una trilogia sui colloqui di lavoro.

Messaggio per il simpatico burlone: per il momento ti farò il favore di mantenere il segreto sulla tua identità, c'è ancora qualcuno che ti crede una persona normale. Io però so chi sei, ti tengo d'occhio.

giovedì 16 dicembre 2010

Fall in love riconoscere che siete miei.

"Il sonno della ragione genera mostri", diceva Francisco Goya. Ma anche gli strumenti per le lingue di Google non scherzano. Qui di seguito, Mienteme bien di Concha Buika, nella magistrale traduzione di Google Translator.



Concha Buika - Mienteme bien

Si me mientes susurrando a fuego lento
Justo aquí bien pegadita a mi boca
No sabré si golpearte con mis pechos
O si dejarme arrastrar noche abajo de nuevo
hacia otra madrugada bohemia.

Reconozco que me enloquecen tus carnes
Reconoce que te enamoran las mías,
Así que si me mientes casi dentro de mi boca
Te regalo el resto de mis días.

Y es que hay mentiras que sientan tan bien
Que parecen verdades ocultas
Con secretos que endulzan la hiel
De las noches más tremendas y más oscuras

Así que si me mientes
Miénteme bien.
Porque hoy quiero engañarme de nuevo,
Ya no reino en esas noches orgullosas
en las que acabo amaneciendo triste y sola.

mercoledì 15 dicembre 2010

venerdì 10 dicembre 2010

La bambina cinese.

La bambina cinese che prende le ordinazioni di cibo cinese al ristorante cinese di via Oderisi da Gubbio a Roma, da alcuni qualificata più sbrigativamente come la figlia del ristorante cinese (i ristoranti cinesi hanno questa usanza di accoppiarsi fra di loro), senza dubbio non è consapevole che la sua persona rappresenta una pesante incoerenza all'interno del locale dei suoi genitori, se sono i suoi genitori quei tizi che ogni tanto si affacciano al pass della cucina per prendere le comande. Se è vero ciò che si dice, che in Italia i cinesi non muoiono ma verranno rimpiazzati in una specie di loop da altri connazionali, fino alla fine dei tempi, allora magari non sono neanche i suoi genitori ma sono così uguali a tutti gli altri genitori cinesi che non se ne è accorta neanche lei.
La minuscola bettola si presenta ad una prima occhiata stilisticamente in linea con tutte le altre bettole cinesi di minuscole dimensioni, una serie di cianfrusaglie ne formano lo stile inconfondibilmente kitsch: televisore vintage a tubo catodico (o televisore LCD di pessima qualità, una recente alternativa), che trasmette a ciclo continuo le migliori prestazioni olimpioniche degli atleti della Repubblica Popolare e i grandi classici del rock inglese di tutti i tempi tradotti senza pietà in lingua mandarina (Yesterday si pronuncia “Zuótiān”). Per la gioia degli occhi l'ambiente è arricchito da una varietà multicolore di addobbi natalizi e festoni di ricorrenze passate, arazzi e quadri enormi che nascono direttamente in Cina con la cornice bianca smaltata, quindici centimetri di spessore, decorazioni a vetro finta dinastia Ming - draghi su sfondo di montagne innevate, nuvole sottili, stagno in primo piano con carpe Koi a pelo dell'acqua e ninfee -, soffitto illuminato, acquario, pesci, portatovaglioli. Digressione: essendo la facciata del ristorante minuscola come tutto il resto, ed essendo il ristorante privo di insegna ed ubicato a fianco di un elettrauto, alcuni passanti distratti avranno pensato “questo elettrauto è proprio un burlone” oppure “è un provocatore” o più semplicemente “che cazzo ci fa un elettrauto con le lanterne rosse all'ingresso?”, fine della digressione.
Torniamo alla bambina che spunta dietro al mobiletto di legno, che è poco più alta del registratore di cassa e che nel nostro breve racconto si sta per tramutare in un mostro. Ma finché non parla, potrebbe fare tenerezza. Ciao – il cliente scandisce bene le parole perché si tratta di una bimba, e in più cinese - mi fai un involtino primavera, un raviolo al vapore e un riso alla cantonese, per favore. Ed ecco che la bambina risponde, trasformandosi in un mostro nell'istante preciso in cui apre la bocca: che l'invortino lo voi subbito?? Er raviolo, de carne o de pesce?! Per il riso, te tocca aspetta' na ventina de minuti... A' Maaaaa!!! A' famme n'invortinooo!

A questo punto della conversazione il cliente si sentirà come Padre Dyer quando ne L'esorcista la bambina posseduta cambia la voce per la prima volta. Se il cliente è un estimatore della cucina, della ristorazione cinese e delle cose fritte in generale probabilmente inorridirà, se è un amante della coerenza anche, perché quell'intrusione prepotente dell'elemento di borgata ha distrutto un equilibrio perfetto, se è un linguista noterà che la sorte ha usato la solita ironia se ha scambiato un cinese con un romano - il primo pronunciando tutte le “R” come “L” e il secondo facendo esattamente il contrario, in una confusione reciproca di consonanti liquide -, se è uno di quelli che ha pensato che l'elettrauto fosse un provocatore lo penserà anche della bambina, se è cieco crederà di avere sbagliato ristorante. Se invece è Padre Dyer oppure è semplicemente uno che ha fame, non ci farà molto caso.
Si siederà al tavolo, chiedendosi perché quel tizio in tv stia biascicando qualcosa che assomiglia vagamente a una canzone di Tom Waits. Vagamente. Ma no, è impossibile. Si ricorderà della voce di Tom Waits, che suona come se l'avessero tenuta sepolta per dieci anni in una grotta a fumare catrame e a mangiare dei sacchi di terra. Questo tizio invece ha una vocina... Certo che... però, sembra proprio quella canzone... Ma no dai... Che sciocchezze, Tom Waits in mandarino, figuriamoci...

domenica 7 novembre 2010

I colori sono importanti

Se il blu fosse rosa, e il rosa blu, la carriera di Pablo Picasso sarebbe stata profondamente diversa. Se il verde fosse nero, i prati, gli alberi e intere foreste e parchi naturali, come ad esempio il Parco Nazionale dello Stelvio, sarebbero neri. E anche gli alieni. E non ci sarebbe molta differenza fra uomini dalla pelle nera e alieni, cosicché potrebbero essere tranquillamente confusi. Questo renderebbe l'Africa e i parchi naturali dell'Africa, posti ideali per uno sbarco alieno. Se il rosso fosse celeste, i tori non si incazzerebbero per niente e gli abitanti di Pamplona a metà agosto farebbero solo i gavettoni, come in tutte le città normali. Se il bianco e il nero fossero lo stesso colore, Garry Kasparov, Martin Luther King e Cartier-Bresson avrebbero scelto un altro mestiere, e anche le zebre. Se il giallo il verde e il rosso si scambiassero fra di loro, l'aspetto della peperonata resterebbe invariato. Di contro, crescerebbe il numero delle vittime agli incroci stradali e numerose specie di pappagalli tropicali, subtopicali e copertine di album reggae subirebbero variazioni cromatiche di non poco conto. Se il viola fosse giallo, le prugne si potrebbero facilmente confondere coi limoni e questo avrebbe conseguenze spiacevoli per quelle persone che soffrono di stitichezza, diarree acute e altri disturbi dell'intestino.

colori

martedì 19 ottobre 2010

www.guss.it

Olà! Era da un po' che non aggiornavo il blog ma il motivo è che stavo lavorando alacremente al mio sito personale. Lo trovate online all'indirizzo www.guss.it.

www.guss.it
Un avviso importante per quelli di voi a cui permetto di riversare da anni nella sezione commenti di questo blog una marea di cazzate indicibili - le quali, con prova di grande tolleranza da parte mia, non sono mai state rimosse: vi avverto che sul mio sito i commenti agli articoli sono moderati, prima li devo approvare e comunque c'è un filtro che mi segnala se il messaggio contiene parole e frasi inopportune quali "tua mamma ha...", "tua mamma è...", "la minchia di Ugo" e simili.

Qui sul blog invece potete continuare a farlo, anzi ho attivato un filtro che non fa pubblicare il messaggio se non contiene almeno un insulto esplicito alla persona di G.V. oppure di G.S.

Bonne nuit,
Guss

giovedì 9 settembre 2010

De brevitate vitae: i peperoncini piccanti.


Supermercati PIM, via Oderisi da Gubbio, reparto erbe e spezie.

Sto cercando il peperoncino, sono indeciso fra quello secco e in polvere. C'è un barattolo in offerta speciale, lo prendo in mano e leggo: peperoncini formato extra-small, secchi, super piccanti, 3 euro, prodotto del Mozambico e confezionato in Abruzzo dalla Comunità montana Marsica. Wow, sono tentato. Soprattutto per il fatto della Comunità montana. Molto tentato. Secco o in povere, secco o in polvere... in polvere è pratico, costa meno, secco però è più buono... a parte che lo uso talmente poco...  Ok, Comunità montana, hai vinto.

Torno a casa e ripongo il barattolo nello scaffale. Sistemo l'altra spesa, faccio partire la lavatrice. Ho una sensazione strana. Inizio a preparare la cena, ho comprato un trancio di tonno fresco alla pescheria dove lavorano quei due fratelli che mi fanno sempre lo sconto però... non so, c'è un pensiero che mi mette un po' di inquietudine... Faccio rosolare bene il tonno. Sì, c'è qualcosa che non torna, ne sono sicuro, ma cosa... Lo faccio rosolare anche sui lati, stando molto attento che resti al sangue perchè si sa che il tonno fresco quando... Cazzo!

Cazzo ecco cos'era.
Torno allo scaffale e tiro fuori il barattolo dei peperoncini.

Questi peperoncini, oltre che piccoli sono anche molto leggeri. Ne metto un pugno sulla bilancia, li conto: un centinaio pesano sì e no 5 grammi. Ora ragionandoci, quante volte li userò? La risposta è circa una volta al mese, nell'unica occasione in cui farò uso di peperoncino: gli spaghetti aglio, olio e peperoncino. Il barattolo ha un contenuto di 50 grammi – perciò approssimando, ci sono un migliaio di peperoncini. Questo significa che lo finirò fra 83 anni, quattro mesi e dieci giorni a partire da oggi. Cioè circa a metà gennaio del 2094. Cioè, mai.

Il barattolo di peperoncini mi sopravviverà.
Potrebbe sopravvivere anche ai miei figli. Starà lì dove l'ho messo ora, fra la pasta e le scatolette di tonno, per sempre, una specie di memento mori formato convenienza per ricordarmi che il tempo scorre inesorabile ma questa volta non per lui che in un'altra casa, in Calabria, o in Messico, avrebbe vissuto molto meno. Lui ci sarà anche dopo. Sarà come tenere nello scaffale un fottutissimo Highlander di peperoncini piccanti. Super piccanti.

Per sempre.

Infographics

giovedì 2 settembre 2010

La vita nel quartiere popolare.

Roma, via Oderisi da Gubbio, sabato 28 agosto ore 9:17 minuti e 20 secondi.

La vita nel quartiere popolare scorre con il suo ritmo solito. Temperatura percepita 28 gradi. Una fila di automobili si dirige a intermittenza in direzione Magliana. Una donna sulla cinquantina, tozza, vestita con una gonna di pizzo nero cammina goffamente sui tacchi a bordo strada, vicino ai cassonetti. È francamente brutta, ha le caviglie gonfie, un accenno di baffi e il fatto di camminare vicino ai cassonetti non l'aiuta per niente.
Dall'incrocio di via Grimaldi arriva un furgoncino, a bordo c'è un tizio da solo, i finestrini sono abbassati. Il furgoncino si ferma in coda. Lui si sporge e grida: "A' sòlaaaaa!!!!", e lei: "A' stronzo! A' minchioneee!!!!".
Sono le ore 9:17 minuti e 30 secondi: la fila di automobili riparte. In via Oderisi da Gubbio la vita continua a scorrere con il suo ritmo solito.

A' sólaaaa!!!!!!

martedì 3 agosto 2010

¡Buenas vacaciones!

Gusella rotaier

Oh, non fatelo. È pericolosissimo.
Hasta luego!!!!!!

PS: foto di Isaac Cugini

martedì 13 luglio 2010

Le ragazze ritornano in tram.

Roma via Oderisi da Gubbio, un lunedì di luglio ore 23:37.
Ottavo piano.

Clima sub-sahariano. Si boccheggia.
La gente per strada cammina e non parla, perché se no suda.
C’è il solito cane incrocio cane lupo e maremmano che abbaia sul terrazzo davanti, il tizio del piano di sopra gli caccia delle madonne. Qualche spagnolo sporadico festeggia la vittoria di ieri sera mentre dal bar di sotto arriva in lontananza una canzone insopportabile di Marco Carta.

Ho provato a suonare il pianoforte ma è difficile, con questo caldo. Un pezzo funky, siccome sudavo troppo, è diventato un blues. Con queste temperature è molto importante scegliere qualcosa di lento, e anche il blues era eccessivo. Un blues lento… niente, si suda lo stesso… Allora cantautori italiani: De Gregori. Ho provato “Natale” ma è fatta come un walzer ed è troppo frenetica poi quando parla delle ragazze che ritornano in tram mi viene in mente il tram numero 8 che passa sulla Gianicolense,  viale di Trastevere e Largo di Torre Argentina ed è sempre intasato, sudo, e allora l’ho rallentata un pochino e sembrava una canzone di quelle malinconiche di Tom Waits che se aggiungi un diesis diventa “Take me home, country road” e da John Denver a Willie Nelson il passaggio è stato automatico, nella mia fantasia Willie Nelson stava già cantando “Georgia on my mind” al Lincoln Centre a New York con Wynton Marsalis: Willie Nelson con la sua chitarra devastata, e Wynton Marsalis schermava il suo assolo di tromba con uno sturalavandini.

Niente, non riesco a concentrarmi… dal bar di sotto mi arriva una canzone insopportabile di Marco Carta…



(N.d.R: se non visualizzate correttamente il video, cliccate qui)

mercoledì 7 luglio 2010

Pensavo fosse amore invece era una costina di maiale.


Si stanno lessando le patate. Intanto ne approfitto per ringraziare un po’ in ritardo ma sentitamente tutti coloro che hanno partecipato alla grigliata “Vuvuzelas Mondial Party 2010 ” la settimana scorsa in occasione della mancata partita della nazionale.

In primis la Lisa: Liz comunque 2 scodelle di ciocorì, te lo dico con il cuore in mano, sono sempre poche.

Valentina: anche un salame di cioccolato è sempre poco ma 10 kg di patatine cazzo! Vabbè… hai fritto per un’ora senza bruciarmi il garage o altre parti di casa, ti perdono.

Guerrino: hai grigliato come solo i migliori griglieurs sanno fare, ragazzo.

Gianni: non hai fatto cazzate grosse e direi che siamo contenti così!

Il mio vicino: non hai scassato le palle, bravo, e considera che ti va grassa che vivo a Roma se no l’andazzo era questo tutte le sere!! Musica a palla, gente, donne, alcool, droghe e via andare! E zitto.

Per i miei: stavo scherzando… comunque grazie, siete stati cacciati di casa e l’avete presa con filosofia.

Barducci: non hai fatto un cazzo ma ti salvi perché hai dato una grande prova a poker la sera dopo.

Loretta: la tua sambuca è diventata un must.

Samu: visto che non leggi internet ne approfitto per dire che ti sei distinto nell’apparecchiatura.

Andre: hai fatto il lavoro sporco dietro le quinte, muchas gracias!

La Monti: non mi ricordo cos’hai fatto di preciso ma ho visto che trafficavi un po’ in giro, quindi brava!

Gli amici di mio fratello e mio fratello: per curiosità… Guerrino al tavolo con voi di che cosa ha parlato tutta la sera?!

Ok, grazie a tutti, vado a togliere le patate. 

Ma prima,  per ultima, voglio ringraziare te, semplicemente perché c’eri. Perché esisti. Perché ci sei sempre in queste occasioni e ci sei sempre stata anche se non lo sapevo. Da quando ti ho incontrata sei in tutti i miei ricordi più belli. Sei adorabile, sei sublime…che posso dire di più? Sei deliziosa. Non faccio che pensarti, mi stai rovinando la salute.

Grazie, costina di maiale.

lunedì 7 giugno 2010

Lettera aperta al mio istruttore di nuoto.


Gentile istruttore,
le scrivo a nome dei ragazzi della quarta corsia. A nome di tutti, meno l’ex pallanuotista. Non so se l’ha notato ma da qualche tempo, durante l’allenamento, succede questo: con il passare dei minuti, e degli esercizi, noi parliamo sempre meno. Però la guardiamo con occhi che esprimono un odio via via crescente. Per toglierle eventuali dubbi le dico subito che l’odio è l’unico sentimento che proviamo nei suoi confronti.

Un odio che è nato spontaneamente quando abbiamo iniziato con le serie da 32 vasche in velocità, da 16 vasche esercizi misti a delfino, da 8+8+16+8+8 in velocità con pausa di dieci secondi se ve la meritate – occorrenza, questa, che purtroppo non si è mai verificata: noi non ci meritiamo un cazzo. Perché siamo delle pippe gigantesche - a parte il pallanuotista. Lui spacca.

Un odio incontenibile, che poi è cresciuto con il passare dei mesi quando si è accanito sulla nostra corsia e ha iniziato con gli esercizi a piedi legati. Sa che abbiamo i crampi alle gambe ma non glielo diciamo e soffriamo in silenzio? Lo sa? E sa perché? Perché se lo scoprisse, ci farebbe fare esercizi solo gambe con la tavoletta. E forse con le mani legate. E sa perché? Perché lei è sadico.

Da un paio di settimane nello spogliatoio girano voci strane e inquietanti. Si mormora che da luglio, dopo mesi di sofferenze a delfino, inizieremo con la sperimentazione su alcuni nuovi stili di sua invenzione: c’è chi dice tricheco, chi dice stella marina, astice, e i più allarmisti dicono polipo e orca assassina.

Un odio, dicevo, che è esploso quando ha prolungato la durata dell’allenamento di dieci minuti, con decisione arbitraria e inappellabile, solo per la quarta corsia, solo per la nostra fascia oraria, fino alla chiusura della struttura, in agosto. Non credo neanche che sia legale.

Gentile istruttore, a nome di tutta la quarta corsia volevo farle notare che c’è qualcuno di noi che eventualmente sta anche pensando di non partecipare a Londra 2012. Quasi tutti durante il giorno lavoriamo. E in due hanno famiglia.

Grazie per la comprensione.

La odiamo,
I ragazzi della quarta corsia.

mercoledì 2 giugno 2010

A sua insaputa.


Mi immagino che le cose siano andate più o meno così.

Coreografo: “Stevie, scusa.”
Stevie: “Sì, che c’è?”
Coreografo: “Senti, Stevie, stavo pensando… Mi sembra un po’ squallido se canti da solo in mezzo a quel palco vuoto…”
Stevie: “Mah, non saprei… di solito canto solo. Non ti sembra che abbia una voce discreta?”
Coreografo: “ Sì sì… no… per carità… era giusto per… pensavo… anche per i telespettatori, dico… magari qualche ballerina qua e là, mentre canti…
Stevie: “ No, non se ne parla. Sai che non mi piace avere delle ballerine intorno.”
Coreografo: “Dai Stevie, fammi un favore, solo per questa volta… me lo chiedono anche in regia.
Stevie: “Ma sono brave almeno?”
Coreografo: “Brave?! Hai voglia, sono le migliori. È da una settimana che provano “For once in my life”, sarà un’esibizione memorabile.”
Stevie: “E va bene, allora. Solo per questa volta però.”
Coreografo: “Grazie Stevie, sei un amico. È un peccato che tu non possa vederle.”

giovedì 27 maggio 2010

A titolo indicativo.

Premetto: non entro nel merito della questione, se no sclero. Primo. E secondo, non ne esco più. Allora, in linea di massima sappiamo tutti che in Italia - sottolineo in linea di massima - ci sono sempre state due scuole di pensiero per quanto riguarda la cottura della trippa. C’è chi preferisce soffriggerla direttamente e poi c’è una minoranza - nutrita, ma comunque una minoranza - che prima la fa sbollentare un po’ in acqua. Ora, non voglio sollevare polemiche perciò mi limito a dire che soffriggerla direttamente mi sembra proprio una gran cazzata, scusate, e non è per fare del qualunquismo, però un po’ va sbollentata se no rimane mezza cruda. Non tanto, ma un minimo sì. 

Diciamo venti minuti, a titolo indicativo.

domenica 23 maggio 2010

Fine settimana basco: resoconto essenziale.


Venerdì

Partenza da Ciampino. Clima di grande attesa perché forse la Roma vincerà il campionato. Sudoku, sudoku, sudoku, promozioni Ryanair, sudoku, promozioni Ryanair, promozioni Ryanair, sudoku, atterraggio a Santander. Viaggio in macchina con Joseba, arrivo a Bilbao, birra, insalata russa e bistecche a casa di Xabier, passeggiata nel pomeriggio, birra, birra, birra, incontro con gli altri, birra, birra, birra, capatina nel quartiere vecchio, birra, birra, Guggenheim da fuori, birra, birra, birra, birra, birra, birra, birra, birra, birra, mangiare qualcosa, birra, birra, birra, birra, birra, birra, birra, birra, birra, birra, arriva Llanos con i suoi amici, birra, birra, birra, birra, birra, discoteca.


Ballare, ballare, birra, ballare, canzoni della Carrà in spagnolo, birra, ballare, Explota explota, me explo’, explota explota mi corazòn, birra, birra, birra, ballare, birra, casa di Xabier, dormire.

Sabato

Sveglia. Gita a San Sebastian: non prendiamo l’ombrello perché Xabier ha detto che tanto non piove, colazione, incontro con gli altri sotto casa di Xabier, partenza, arrivo a San Sebastian: pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, vento, pioggia, vento, pioggia, vento, pioggia,


pioggia, pioggia, un minuto senza pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, un minuto senza pioggia, pioggia, vento, pioggia, vento, pioggia, freddo cane, vento, freddo cane, pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, pioggia, ritorno a Bilbao. Insulti a Xabier. Ingresso al Guggenheim,


Guggenheim, Guggenheim, Guggenheim, Guggenheim, ponte di Calatrava, ponte pendente di Vizcaya a Portugalete, tramonto al bar sulla scogliera, birra, birra, birra, birra, birra, birra, patatine fritte con ketchup, birra, patatine fritte con maionese, ritorno a Bilbao, cena con hamburger giganti, birra, birra, birra, pub vicino a casa di Joseba, birra, birra, birra, casa di Xabier, dormire.

Domenica

Sveglia. Colazione, partenza da aeroporto di Santander previo controllo antiterrorismo alla macchina di Joseba con targa basca,


sudoku, sudoku, promozioni Ryanair, promozioni Ryanair, promozioni Ryanair, sudoku, promozioni Ryanair, sudoku, arrivo a Ciampino. Grande delusione della tifoseria romanista.

giovedì 6 maggio 2010

Milano Marittima, tredici anni fa.


Martedì nero: torno dal lavoro e sono spaccato, raccolgo i panni dallo stendino. Lunedì notte non ho dormito per la puttana della zanzara che se mi dimentico di accendere quel coso che ho preso dai cinesi (si chiama elettroemanatore) esce da qualche fessura dietro l’armadio e inizia a volare a altezza faccia per tutta la notte ma senza beccarmi. Gran seccatura. Accendo la tv sul telegiornale, stendo i panni sul letto, li piego, le magliette, i calzini di qua, la felpa di là - ha ancora quella macchia d’unto, porca miseria. Al tg intanto parlano di Storace, aspetto con ansia che arrivi la pubblicità. Sono spaccato, mi appoggio al letto e gli occhi si chiudono così in fretta che non ho neanche il tempo di pensare che mi sto addormentando cazzo, non ho cenato e sono le otto di sera. La voce del tg si fa sempre più lontana… La casa di Scajola pagata a sua insaputa, i cani abbandonati, le mete più frequentate nel weekend degli italiani, madre uccide i figli gettandoli dalla finestra della casa di Storace, Scajola abbandona i cani, fate l’amore con il sapore… ah meno male, è arrivata, Dio ti ringrazio: è arrivata la pubblicità. Peccato che sono in trans ormai, le parole non le sento neanche più, mi arrivano i jingles: chi pulisce più di Chante Clair? A parte gli scherzi, seriamente. Chi?? Esclusa la mia portinaia filippina, dico. Chante Clair mi è entrato in testa così tanto che alla mattina per farmelo passare devo cantare i jingles della Crai e dei mobili Aiazzone. 

Con la testa sul mio cuscino di lattice, ormai, entro in un’altra dimensione. In tv stanno parlando di me. Nel giro di 5 minuti evito un pianoforte che cade dal quinto piano, faccio l’amore con il sapore, arrivo all’acquario e racconto al delfino Ulisse tutti i cazzi miei e che deve stare tranquillo perchè tanto sto via solo una settimana, compro un fucile e stermino la bambina felice del Mulino Bianco e la sua famiglia di razza ariana e poi faccio esplodere la dinamite e Belen Rodriguez. 

A questo punto, come direbbe Lucarelli, succede quello che succederebbe solo in un romanzo di cent’anni fa, ma non un giallo e nemmeno un poliziesco. Sarebbe un romanzo di Proust.

Sono disteso sul letto, ci sono un po’ di mutande piegate, i miei calzini a righe ammucchiati e la felpa. Parte una canzone, dalla tv… o dalla finestra del vicino, che ne so… tanto ormai sto dormendo. A un certo punto questa canzone fa: “Guarda come son tranquilla io, anche se attraverso il bosco, con l'aiuto del buon Dio”

Oddio!

Mi sveglio di colpo. L’avrò sentita mille volte ma questa volta, per qualche ragione oscura, in un secondo mi tornano in mente quattro mesi tutti insieme, di tredici anni fa, di un’estate surreale, di una cucina piena di topi, di cocaina, due bambocci di quindici anni e una cuoca slovena con un braccio smisuratamente più grande dell’altro, un mangianastri con una casetta sola. Sempre quella, per quattro mesi, di Lucio Dalla. 

Ma questa storia è proprio troppo lunga, e sono le due. 
Meglio se accendo l’elettroemanatore. 

Bonne nuit. 
Guss

domenica 25 aprile 2010

Suicidio di massa in piazza del Popolo.

Due passi in via del Corso, sabato pomeriggio.
Suonatore di fisarmonica:


 Ballerino di Hip Hop:


Suicidio di massa in piazza del Popolo:


(Cose che succedono)
Guss

domenica 18 aprile 2010

Dante Alighieri, Giuda e Antonello Venditti.

La storia che sto per raccontarvi inizia il 27 marzo del 1300, un sabato notte, centinaia di metri sottoterra, e finisce esattamente il 27 marzo del 2010, sempre un sabato notte, fra gli spalti dello stadio Olimpico di Roma. Ve la racconto oggi, non per puro caso. Oggi la Roma ha vinto il derby. Poi capirete perché.

Ma procediamo con ordine, una cosa dopo l’altra.

In quella notte di 710 anni fa, che era la notte del Sabato Santo, un uomo di nome Dante Alighieri si trovava nell’oltretomba da un paio di giorni e aveva appena finito il suo viaggio attraverso il cerchio più atroce di tutto l’inferno, quello dei traditori, accompagnato da Virgilio, suo grande maestro e ora guida di quest’avventura eccezionale.

Per chi non lo ricorda, il nono cerchio dell’inferno è qualcosa di profondamente diverso rispetto a tutto quello che Dante aveva visto fino a quel momento. I peccatori, che stanno conficcati nel ghiaccio, immobili e congelati, si sono macchiati di crimini talmente ripugnanti che per raccontare ciò che vede Dante deve cambiare il suo modo di scrivere per renderlo più spiacevole. Il nono cerchio dell’inferno rappresenta il massimo della degradazione umana. Ci stanno i traditori dei parenti, i traditori della patria, degli amici e dei benefattori.

E alla fine di tutto emerge dal ghiaccio a mezzobusto Lucifero che mastica i tre peggiori fra gli infami di tutti i tempi, Giuda che ha tradito il Messia, e Bruto e Cassio che hanno tradito Cesare, li mastica in continuazione, fino alla fine dei tempi, come se fossero tre chewingum giganti.

E’ ovvio che Dante nella sua storia ci poteva mettere solo i personaggi che erano vissuti fino ad allora. Per il Rinascimento ci avrebbe infilato qualche pittore, un poeta, un paio di turchi, se fosse arrivato fino ai giorni nostri nell’inferno ci sarebbero finiti Napoleone, Marx, Stalin e in paradiso probabilmente Papa Wojtyla e Madre Teresa.

Ho volutamente tralasciato qualcuno.

Ci sono tre persone, infatti, che si troverebbero al posto di quei chewingum giganti che Lucifero mastica per l’eternità. Tre persone che non hanno tradito la patria, gli amici o i benefattori. Peggio. Tre uomini, se li possiamo chiamare così, che hanno tradito la loro fede. L’unica fede che hanno, la più importante, la loro fede calcistica. Se Dante vivesse oggi, qui, ora mentre scrivo e guardo la capitale dalla finestra dell’ottavo piano e sembra che la Roma abbia vinto i mondiali e non un derby, se Dante fosse qui chissà cosa scriverebbe di chi tradisce la squadra perché ha paura di che cosa, poi, di un po’ di tifo avversario.

Il 27 marzo del 2010, qualche settimana fa, sempre di sera, sempre un sabato, allo Stadio Olimpico, tribuna Tevere laterale, a vedere Roma-Inter mischiati in mezzo a una folla di 72.000 anime quasi tutte di credo profondamente romanista c’erano Samuele Fattori, Guerrino Savioli e Gianni Valeriani, tifosi dell’Inter i primi due, della Juventus il terzo. C’erano tre vigliacchi che hanno cantato l’inno della squadra avversaria per paura di essere riconosciuti, che hanno saltato al grido di “chi non salta un interista è!”. I primi due, lo hanno fatto davanti alla loro squadra che giocava.

Non aggiungo altro, non ce la faccio a continuare. Ho scelto di inserire questo video scioccante che parla da solo. A un certo punto, nell’angolino in basso a sinistra, vedrete comparire una figura che canta Roma Roma Roma, core de ‘sta città più convinto di Antonello Venditti. Ecco, in realtà non state guardando Samuele Fattori detto Pistu, tifoso interista, mentre tradisce il suo Messia José Mário dos Santos Félix Mourinho.

State guardando Giuda in persona, 710 anni dopo.



Buonanotte,
sempre vostro
Guss.

giovedì 18 marzo 2010

Una storia vera - Capitolo II

Hola, que tal!

Qua è un casino, come ieri. Però riesco a scrivere lo stesso. La città è stressante e via Oderisi da Gubbio non ne parliamo, sempre piena di cacche in particolare davanti al cancello di casa mia. Certi cani dovrebbero vergognarsi. Sono successe altre cose da ieri. E’ ritornata della gente che poi se n’è già andata, c’è stato un concerto, qualcuno si vuole trasferire in Svizzera, qualcuno cerca casa e qualcuno stamattina ha pestato una cacca in via Oderisi. Un casino.

Vabbè comunque. Un paio di cose. La prima l’ho detta, mi hanno fatto un contratto di un anno, perciò quest’estate niente concerti alla piazzetta delle Conserve. E la seconda cosa l’ho già detta anche quella, andiamo a trovare i baschi il 14-15-16  maggio, sempre finalmente. Abbiamo preso il volo io ed Erika e forse viene anche Francesca di Firenze, ma è un po’ indecisa. Peccato. Ci terrei che venisse.  Mi piace anche un po’. Perciò sto usando tutti i mezzi – anche subdoli – per convincerla, ma finora niente.  Cioè per esempio ieri le ho inviato questo: 


Ma non si è decisa. E poi sul blog ho scritto una storia – adesso lo posso dire – totalmente inventata solo a quello scopo. Scusa Franci, sono una persona orribile, ti ho mentito. Alla fine ci rinuncio, non cercherò di convincerti con l’inganno e non userò più sotterfugi. In un primo momento, per convincerti in modo subdolo avevo pensato di far leva sulle tue grandi passioni, il cucito (i tessuti, gli scampoli e tutto il resto) e la salamoia (non ho ancora capito come puoi bere la salamoia nei barattoli di olive, comunque vabbè sono problemi tuoi). Dicevo, in un primo momento ci avevo pensato ma non mi è venuto in mente niente. Perciò alla fine, se non te la senti, pazienza. Mica posso insistere da qui a due mesi.

Vabbò, capitolo chiuso.
Saluto tutti, mi butto sul divano che sono cotto.

Messaggio privato per Erika (se non siete Erika per favore non leggete, per questioni di privacy).

Ciao Enri, senti scusa se ti scrivo qui ma ne approfitto visto che ci sono.
Guarda un po’ a questo link, è una fiera che mi piacerebbe molto vedere a Bilbao, che ne pensi?

www.fiera-bilbao.es

Credi che ci riusciamo?
Ti viene in mente qualcuno che è stato con noi a Lisbona a cui potrebbe interessare?
Fammi sapere, poi magari ci sentiamo.

Ciao!
Guss.

martedì 16 marzo 2010

Una storia vera - Capitolo I

Hola hombres!
Qua è un casino. Tra l’altro era un bel po’ che non scrivevo. Che stress, la città. E meno male che non siamo a Milano. Sono successe delle cose nel frattempo, gente che se ne è andata, che è ritornata, che domani se ne va di nuovo, gente che litiga, che lascia la casa, che cerca la casa, che cerca lavoro. Un casino.

Vabbè comunque. Un paio di cose. La prima è che mi hanno fatto un contratto di un anno, finalmente. E la seconda, sempre finalmente, è che andiamo a trovare i baschi il 14-15-16  maggio. Abbiamo preso il volo io ed Erika e forse viene anche Francesca di Firenze, ma è un po’ indecisa. Peccato. Ci terrei che venisse.  Mi piace anche un po’. Perciò sto usando tutti i mezzi – anche subdoli – per convincerla, ma finora niente.  Cioè per esempio oggi le ho inviato questo: 


Ma non si è decisa. Quindi alla fine ci ho rinunciato, ho deciso che non cercherò di convincerla con l’inganno e non userò più sotterfugi di qualunque genere. Se non vuole venire, pazienza. E poi ci mancherebbe, non sarebbe da me.

Tra l’altro – questa cosa ora non c’entra niente – mi è capitato un fatto simile qualche anno fa, cioè non proprio simile però qualcosa forse potrebbe ricordare. Vabbè ve lo racconto. Per coincidenza i nomi sono gli stessi ma i protagonisti completamente altra gente.

In pratica, mi sembra che era il 2005 o 2006, dovevo andare a Bilbao con un’amica – si chiamava Erika -  e c’era quest’altra amica di Firenze che era indecisa se venire o no. Allora noi a insistere – dai Franci vieni! Dai ci divertiamo! (si chiamava Francesca). Ma lei niente. Io tra l’altro – per dire la verità -  per convincerla avevo usato anche dei mezzi un pochino subdoli – ad esempio le avevo fatto credere che ci sarebbe stato un terremoto a Firenze e cose del genere – ma lei niente. Vabbè. In poche parole, finì che verso maggio partimmo solo io e questa Erika, e lei rimase a Firenze.

Fatto sta che in quei tre giorni gliene capitarono di tutte, poveretta. Per prima cosa il venerdì la scipparono (aveva appena fatto bancomat). Poi per l’agitazione si dimenticò la macchina da cucire accesa – era appassionata di cucito – che provocò un cortocircuito che incendiò la casa nuova dove si era appena trasferita. Poverina, mi ricordo ancora quando ci telefonò il sabato mattina, noi stavamo per entrare al Guggenheim, lei in lacrime: vedi, se venivo con voi!!! E io: dai Franci, tranquilla, il peggio è passato.

E invece mi sbagliavo. Il peggio doveva ancora venire. Il sabato mentre stava andando dai carabinieri a denunciare lo scippo, un pirata della strada la investì davanti alla caserma e purtroppo entrò in coma. Tornammo da Bilbao. La andavamo a trovare tutti i giorni, sperando che si svegliasse. Passarono i mesi, lei sempre immobile su quel letto, in quella stanza semibuia, fredda, sempre immobile, immobile… e poi finalmente un giorno notai che stava muovendo un dito, e poi una palpebra, aprì gli occhi, ci guardò e finalmente ci riconobbe, e quello che disse lo ricordo oggi come se fosse quel giorno. E lo ricorderò per sempre. Disse: “Ma se fossi venuta con voi a Bilbao! Tutto questo non sarebbe mai successo.”

Per fortuna Francesca oggi sta bene. E’ proprio vero, se fosse venuta con noi a Bilbao dal 14 al 16 maggio con volo Ryanair FR9155 con partenza da Ciampino alle 9:55 e arrivo a Santander alle 12:20 per un totale di 74€ andata e ritorno, volo che per coincidenza oggi è ancora disponibile allo stesso prezzo prenotando entrò il prossimo martedì, dicevo, se fosse venuta con noi non le sarebbe successo proprio niente.

E quindi voglio dare a tutti un consiglio, ma in particolare a quelli che sono indecisi se partire o meno per Bilbao: ragazzi, non buttate via la vostra vita per 74 euro. Pensateci bene.

Vostro, Guss.

sabato 20 febbraio 2010

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sabato 13 febbraio 2010

Zufarelli Family - Jazz in Lausanne!



Lavori extra, fine-settimanali, aspettando che sia ora di aperitivo.
Mi sono messo a dieta.
È una dieta che ho inventato io a base di brodo, cavolfiori e aperitivi. (Ma in pratica, brodo e cavolfiori quasi mai). Sto iniziando a temere il mio istruttore di nuoto. Giovedì ha guardato la mia pancia, poi mi ha guardato negli occhi con l'espressione tipica del maschio amaro, senza dire nulla, ma la sua faccia era quella del Sergente Hartman di Full Metal Jacket e sottintendeva chiaramente: "Palla di lardo! Ma che fai, Palla di lardo?!? Se non ce la fai, me lo dici?!? Hai un culo che è pari a un quintale e mezzo di chewing gum masticato! Te ne rendi conto, Palla di lardo!?"

È dura la vita in una capitale.
Ora vi saluto, prendo lo slittino e vado a Piazza di Spagna.
Guss

sabato 6 febbraio 2010

Comunicazione di servizio.

Ho apportato qualche miglioria al blog, dopo una lotta all'ultimo sangue fra me e gli script di Facebook che si è conclusa giovedì notte alle 3:00 circa. Per i commenti adesso c'è un box di Facebook direttamente qui sotto. Funziona come i commenti di prima, potete anche postare commmenti anonimi senza essere iscritti a Facebook (questo però devo capire come si attiva), se invece siete iscritti basta che vi connettete a Fb cliccando su Connect with Facebook. In ogni caso siete quasi tutti iscritti, perciò... (ma ora che ci penso non so che fine faranno i nostri amici Enio e Tonio)...Fate delle prove così vedo se funziona. E se qualcuno non riesce a farlo funzionare me lo dice? (a parte Barducci che mi ha già detto che non ce la fa. E a parte Gianni che so già che non ce la farà).


Sempre vostro,
Guss

domenica 31 gennaio 2010

"E chi se ne frega" di Marco Masini.



I Metallica sono un gruppo thrash metal statunitense. Si sono formati il 28 ottobre del 1981 a Los Angeles. I fondatori sono il cantante e chitarrista James Hetfield e il batterista Lars Ulrich. Nella loro storia hanno venduto più di 100 milioni di dischi.

Marco Masini è un cantautore italiano. E' nato a Firenze il 18 settembre del 1964. Nel 1990 ha debuttato a Sanremo con la canzone "Disperato", con la quale si è aggiudicato il primo posto fra le Nuove Proposte.

Nel 1991 i Metallica pubblicano un album, l'omonimo "Metallica", che lascerà un segno profondo nella storia del rock e dell'heavy metal. Sarà soprannominato in seguito "Black Album", con evidente allusione al "White Album" dei Beatles.


Anche la canzone "Disperato" era stata inserita, pochi mesi prima, in un album omonimo: "Marco Masini".


In quello stesso anno, mentre la band statunitense è impegnata nella promozione del disco che venderà 38 milioni di copie, mentre il mondo si lascia cullare dalle dolci note di "Nothing else matters" e mentre la forza dirompente di "Enter Sandman" fa tremare la terra con il suo attacco di chitarra e di batteria, Marco Masini dà alla luce il suo secondo album, dal titolo "Malinconoia", il cui video vince il premio come miglior videolive di Riminicinema '91.


Le loro strade, apparentemente così lontane, si incrociano il 26 gennaio del 2001. Marco Masini pubblica "Uscita di sicurezza", che contiene 14 brani fra cui uno intitolato "E chi se ne frega".


Buon ascolto.



Il testo del cantautore fiorentino non è una traduzione dall'inglese. Le parole sono originali.

Di notevole valore per bellezza e rarità espressiva:

"Spara ansia e dietrologia", "Su quest’erba che guarda in su e sembra che prega", "E il tempo si ambigua", "Il tuo inguine di viva orchidea", "Lo so che il tempo lo sa", "Mentre il sole riallaga il blu".

Al primo posto: "L’iguana dei passi tuoi".

Tuttavia, la canzone non fu bene accolta nel panorama heavy metal italiano e nemmeno dai fans italiani dei Metallica, che si rivolsero a Marco usando espressioni piuttosto colorite quali "Sparati in bocca figlio di puttana", "Sei un mentecatto di merda", "Se ti prendiamo te lo diamo noi il tuo inguine di viva orchidea".

E con ciò vi auguro una buona settimana,
sempre continuando a sperare che anche i Metallica, prima o poi, ricambino il gesto di Marco Masini regalandoci una bella cover di "T'innamorerai".

Guss.


Tutti coloro che volessero approfondire, analizzare o anche imparare a memoria "E chi se ne frega", trovano di seguito il testo integrale:

Marco Masini
E chi se ne frega.


Lo so che il tempo lo sa
che siamo nascosti qua,
in fuga dalla realtà,
e chi se ne frega.

L’iguana dei passi tuoi,
il tuo inguine di viva orchidea,
dove annegano gli occhi miei
e il tempo si ambigua.

Io da qui non mi muovo più,
abbracciato a una croce, tu,
mentre il sole riallaga il blu,
e chi se ne frega.

Voglio quello che vuoi tu,
voglio il tempo che non ho
e l’avrò!

Il tempo ai cani e la polizia,
spara ansia e dietrologia,
fa che insegua la nostra scia,
e chi se ne frega.

Io da qui non mi muovo più,
neanche se te ne andassi tu,
su quest’erba che guarda in su
e sembra che prega.

Voglio quello che tu vuoi,
voglio quello che vorrai,
voglio vivere di più,
voglio il tempo che non ho
e l’avrò, sì!

Lo so che il tempo lo sa
che siamo nascosti qua
e se vuoi ci raggiungerà,
ma chi se ne frega!

sabato 9 gennaio 2010

Bische clandestine.

Anche a Roma si gioca a poker, ogni tanto. Martedì è uscita una bella seratina. Lasciatemi dire una cosa che non dico mai: Isaac hai avuto solo culo.



Comunque. Vorrei cogliere l'occasione, questa sera che piove, per raccontarvi dopo quasi due anni la vera storia di quel giorno in cui tutti quanti, cioè il sottoscritto, Andrea F., Gianni V., Samuele F., Filippo F., Michael-Guerrino S., giocammo quel brutto tiro a Francesco B. (chiamerò tutti così, con un nome in codice, perchè da quel giorno, quel fatidico giorno, Francesco B. ripete che mi vuole denunciare e credo che prima o poi lo farà).

Bene.

Partiamo dal pomeriggio.

Ero tornato da poco da Sydney, mi annoiavo, studiavo filologia latina per integrare l'esame a settembre, perciò alle cinque di pomeriggio, quel pomeriggio di quel giorno fatidico, decisi che avevo studiato abbastanza e iniziai a progettare lo scherzo per la serata. Avremmo giocato a poker proprio a casa di Francesco B. C'è da dire che - ormai non più - ma allora eravamo proprio patiti, la serata del poker era un evento, soprattutto per i due giocatori più accaniti. Io, e il signor Francesco B.
Telefonai a Gianni V. e gli spiegai tutto nei dettagli, chi meglio di lui poteva farmi da complice. Faccio più volte le prove, preparo i due mazzetti truccati, tutto sarebbe successo in una sola mano, alla perfezione, ognuno sapeva il suo ruolo, il mazziere lo facevo io, Gianni V. il complice, Michael-Guerrino S. il cameraman e Francesco B. doveva solo giocare come faceva di solito, come farebbe chiunque se si trovasse nelle mani un poker di tre, nè più nè meno.

Arriva la sera.

Noi sei ci incontriamo venti minuti pima, davanti alla vecchia casa di Francesco B., d'inverno disabitata - e parecchio fredda - per decidere i ruoli e finire di memorizzare gli ultimi dettagli. Tutto regolare. Arriva il padrone di casa, ci apre, entriamo con lui, Michael-Guerrino S. regge la telecamera e riprende tutto, facciamo finta di girare un bel filmino per ricordo.

Francesco B. è felice perchè ha comprato i sigari per i suoi amici e non sospetta nulla.

A questo punto, ho già raccontato troppo. Vi lascio al video:




Ha smesso pure di piovere. Vado a cercare un avvocato.

Sempre vostro,
Guss.